martedì 19 febbraio 2013

La pittura trecentesca a Ravenna

"Nel nome di Giotto. La pittura trecentesca a Ravenna. Immagini perdute, salvate, rivelate” è il titolo del libro di Gianni Morelli, che sarà presentato venerdì 22 febbraio 2013 alle 20,00 al Circolo Ravennate e dei Forestieri. L'iniziativa è promossa dal Lions Ravenna Bisanzio.
“Giotto – spiega Morelli - non venne mai a Ravenna anche se la tradizione popolare ha lungamente sostenuto che le pitture che ornavano le chiese della città erano opera sua. E poi c’era quella scena dipinta in Santa Maria in Portofuori, che ritrae due uomini in discussione tra loro e che furono presto identificati come Dante e Giotto, entrambi invitati da Guido Novello da Polenta…”. Tuttavia Giotto entra nell’arte ravennate. “Duccio a Siena e Giotto a Firenze furono gli iniziatori della nuova stagione dell’arte italiana sul finire del medioevo. Subito vantarono imitatori e poi continuatori e ben presto sorsero anche rinomate scuole che fecero propria la poetica degli iniziatori e col tempo riuscirono persino a superarli. E’ il caso della 'scuola riminese'  i cui maestri vennero  chiamati ad operare sotto i signori polentani Lamberto, Guido Novello, forse Ostasio e dal priore di Santa Maria in Portofuori, Guglielmo da Polenta, nei primi quarant’anni del ‘300". Ma la pittura ravennate non è soltanto "riminese". "Per comodità - prosegue Morelli - possiamo prendere la data fatale della scomparsa, anche fisica, dei riminesi, che furono presto rimpiazzati dalla emergente scuola bolognese. L’anno è il 1348 e l’evento è la famosa “Peste Nera” che devastò l’Italia tutta. Va anche detto che prima della peste, i nuovi Ordini Mendicanti - soprattutto domenicani ed agostiniani -, ormai insediati saldamente a Ravenna, vantavano propri referenti in campo pittorico rivolgendosi principalmente a Bologna.

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